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L' Italia spreca e arranca

print27 gennaio 2006 20:48
(AGR) Infine tocca ad Antonio Cassano che diventa un simbolo di ciò che ha pregio, che meriterebbe di essere valorizzato ma che diventa inutile, improduttivo. Il giocatore ricorda l' Eurispes, venne acquistato dalla Roma nel 2001 per trenta milioni di euro. Poi un po’ per il suo temperamento, un po’ per i problemi della società, il giocatore divenne l’icona del talento poco o nulla valorizzato dalla squadra, alla quale alla fine non rimane che venderlo.

Ma lo studio dell’ Eurispes va oltre. Tra i segnali di declino si annoverano la stagnazione economica e altri dati già noti, ma è la crisi dei bilanci familiari e il conseguente aumento e dell' indebitamento delle famiglie stesse ad allarmare (se ce ne fosse ancora bisogno) i ricercatori. Nel 2005, secondo il Rapporto Eurispes, il credito al consumo ha avuto una crescita del di oltre il 23 per cento, pari quasi a 47 miliardi di euro. Ma all' aumento dei debiti non ne corrisponde una analoga dei consumi, cresciuti nello stesso periodo di un misero uno per cento. Questo perché le famiglie vi fanno ricorso "solo per mantenere il vecchio, dignitoso livello di vita".

Le famiglie ricorrono al credito "soprattutto per far fronte ai bisogni essenziali come cure mediche e specialistiche, automobili, elettrodomestici, servizi per la casa, piuttosto che per acquistare beni e servizi voluttuari quali, ad esempio, viaggi e vacanze. Peraltro si sta diffondendo sempre più la pratica di credito al consumo per l' acquisto di beni di prima necessità come quelli alimentari". Tutto questo significa, prevede l' Eurispes, che nel 2006 la percentuale delle famiglie italiane che vi farà ricorso aumenterà dell' undici per cento.

La realtà spiegano i ricercatori dell’Eurispes, è quella di un Paese che schiaccia la classe media, aumentando il divario tra ricchi e poveri. Alle 2.674.000 famiglie (l' 11,7 per cento) povere rilevate dall' Istat, ne vanno aggiunge due milioni e mezzo a rischio povertà. Si ottengono così 5.200.000 nuclei familiari, il 23 per cento del totale, in situazioni di indigenza. Che hanno tagliato le spese per il tempo libero (61,5 per cento), viaggi e vacanze (64 per cento), destinate ai regali (72 per cento) o ai pasti fuori casa (oltre il 66 per cento).

Naturalmente c’è anche ci si arricchisce: nei settori finanziario, assicurativo, immobiliare e dei servizi alle imprese. E poi tra i commercianti all' ingrosso e al dettaglio, imprenditori nel settore dell' edilizia, immobiliaristi e agenti immobiliari, produttori e rivenditori di beni di lusso, titolari di centri estetici e beauty farm. Ma l’Eurispes chiama in causa anche "le diverse tipologie di liberi professionisti come avvocati e consulenti legali dei settori finanziario, assicurativo e immobiliare, medici specialisti e dentisti, commercialisti e tributaristi, categorie che hanno potuto sfruttare il ciclo economico di elevata inflazione adeguando verso l' alto in maniera pesante onorari, tariffe e parcelle professionali".

Ma l’ Eurispes individua anche dei punti dai quali ripartire. A cominciare dal patrimonio culturale che rappresenta quasi il settanta per cento di quello mondiale. E poi il turismo, e il suo matrimonio fruttuoso con l' agricoltura. Insomma, spiega il presidente Eurispes Gian Maria Fara "la via d' uscita dalla crisi è legata alla riscoperta e alla valorizzazione delle peculiarità e delle vere vocazioni del nostro Paese. Ciò significa riqualificazione urbana, energie pulite e rinnovabili, salvaguardia del territorio, dell' acqua e dell'aria, salute e prevenzione sanitaria, sicurezza alimentare, ristrutturazione della mobilità dei passeggeri e delle merci, uso più efficiente delle risorse".

Infine il lavoro. Secondo quanto rilevato dall’Eurispes, i lavoratori atipici manifestano una maggiore insofferenza per quanto riguarda il livello retributivo (il 64 per cento è poco/per niente soddisfatto), le opportunità di carriera (60 per cento) e naturalmente la forma contrattuale (56 per cento). Al contrario, i lavoratori con contratti subordinati a tempo indeteminato, godendo di determinate garanzie contrattuali e di tutele previdenziali e sindacali, focalizzano la loro criticità su altri aspetti, quali: l’ ambiente di lavoro (insoddisfacente per il 24,6 per cento degli intervistati), e l’organizzazione del lavoro (31,3 per cento). Alla domanda, "Sarebbe disposto a ridurre l’orario di lavoro (guadagnando meno) per avere maggior tempo a disposizione" una quota elevata di intervistati risponde drasticamente in modo negativo (45,4 per cento).

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