Pluralismo nel digitale terrestre, entro sessanta giorni una nuova legge
(AGR) Il governo italiano ha due mesi di tempo per rispondere ai quesiti e alle preoccupazioni della Commissione europea.E' questa la conclusione ufficiale dell'esecutivo Ue contenuta nella lettera di messa in mora che apre formalmente la procedura comunitaria contro una legge varata dal precedente governo e che dovrà essere modificata nel giro di pochissimo tempo.
Attraverso la lettera la Commissione ha richiesto informazioni in merito alla compatibilità della legislazione italiana in materia di radiotelediffusione con le norme Ue relative alla concorrenza nei mercati delle reti dei servizi di telecomunicazione elettronica. La Commissione ritiene sostanzialmente che la legislazione italiana non soddisfi gli obblighi imposti dalle norme di concorrenza Ue e il motivo è presto detto: "introduce restrizioni ingiustificate alla prestazione di servizi di radiotelediffusione e attribuisce vantaggi ingiustificati agli operatori analogici esistenti", vale a dire Rai e Mediaset.
L'invio della lettera di costituzione in mora costituisce il primo passo della procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 226 del trattato CE. L'Italia dispone ora di due mesi per rispondere alle riserve formulate dalla Commissione.
La situazione italiana è quindi molto diversa da quella di altri paesi europei: ovunque gruppi editoriali e audiovisivi stanno entrando in maniera massiccia nel sistema televisivo attraverso il digitale terrestre. Il fenomeno è spesso governato da poteri pubblici centrali che ripartiscono le frequenze e le licenze a singoli operatori, sia emittenti analogiche che nuovi entranti. Non così in Italia, dove il sistema legislativo di fatto discrimina i nuovi entranti nel digitale rispetto agli operatori consolidati nell’analogico e nulla è stato fatto finora per aprire il sistema, aumentando concorrenza e pluralismo.
In Italia quindi vengono violate le direttive Ue che vogliono una ripartizione equa e trasparente della capacità trasmissiva, una conseguenze di decenni di mancata pianificazione e assegnazione delle frequenze terrestri.
Tre i punti incriminati: secondo la Commissione la legislazione italiana potrebbe di fatto precludere agli operatori che non svolgono attività di trasmissione analogica la sperimentazione di trasmissioni digitali e la creazione di proprie reti digitali.
Inoltre la legislazione italiana consente agli operatori esistenti di acquistare un numero di frequenze per la sperimentazione digitale superiore a quello ad essi necessario per la trasmissione simultanea dei loro programmi in tecnica analogica e in tecnica digitale.
Infine la legge consente agli operatori esistenti di mantenere il controllo sulle frequenze e sulle reti per le trasmissioni analogiche anche dopo la data di switch-off, privando in tal modo i concorrenti del dividendo digitale derivante dall'accresciuta capacità delle reti digitali.
La decisione della Commissione fa seguito ad una denuncia presentata dall'associazione italiana di difesa dei consumatori Altroconsumo la quale sostiene che la normativa italiana che disciplina il passaggio dalla tecnica di trasmissione analogica a quella digitale viola le direttive 2002/21/CE (direttiva quadro), 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), 2002/77/CE (direttiva concorrenza), nonché altre disposizioni delle norme Ue.