La corsa della Roma alla Champions League non si ferma, nonostante la sconfitta nel derby
Lazio-Roma 1-0
(AGR) Una bella partita, questo derby di ritorno, agonisticamente valida, ben giocata da entrambe. Dal punto di vista strategico-tattico la Roma si presentava notevolmente svantaggiata, visto che Mourinho era squalificato. E si sa che, al di là della bravura di vice e sostituti, l’esperienza conta eccome. Entrambe hanno dato vita ad una più che buona performance, sebbene nel corso della gara occasioni da goal vere e proprie ce ne siano state ben poche: Wjinaldum al 18’ prova da lontano, ma il pallone va alto. La Lazio risponde con Felipe Anderson poco dopo, ma il tiro del brasiliano è neutralizzato dalla parata di Rui Patricio. Le squadre si rispettano, sono sul guardingo ma pronte a colpire. Nessuna delle due sembra possa poter dettare legge. Al 32’ arriva la svolta: fino a quel minuto, la Roma non aveva demeritato, la gara viaggiava sui binari della perfetta parità, entrambe si davano un gran daffare, ma senza riuscire a superarsi, alla ricerca del vantaggio: siamo nelle zone centrali del campo, Ibanez interviene su Milinkovic, scorrettamente secondo l’arbitro, e si becca il secondo giallo, che diventa rosso: un bizzarro quanto malvagio sortilegio sembra gravare su Ibanez nei due derby di questo campionato. Per carità, il ragazzo è bravissimo, ma anche stavolta una sua ingenuità ha condizionato la stracittadina, absit iniuria verbo, naturalmente. Sta di fatto che la sua espulsione ha obbligato la Roma a rivedere l’assetto difensivo e, di conseguenza, operare delle modifiche, dispiegare diversamente gli uomini in campo.
Se, ad esempio, Belotti, solo là davanti, risultava isolato e costretto a un gran correre per acchiappare quei pochi palloni che, se e quando si trovavano nei suoi paraggi, erano praticamente ingiocabili, imprecisi e lenti com’erano, già prima dell’espulsione di Ibanez, arrivata l’inferiorità numerica, per l’ex granata la situazione si aggravava, dovendosi sobbarcare, il ‘gallo’, anche compiti di impostazione e copertura. La partita arriva alla fine del primo tempo senza ulteriori emozioni. Annotiamo, tuttavia, poco prima del riposo, la salomonica espulsione di Nuno Santos e Ianni, collaboratori l’uno di Mourinho l’altro di Sarri. Al rientro, forte della superiorità numerica, la Lazio prova subito ma senza esito, perché la Roma chiude bene. A quel punto i bianco-celesti cercano il goal tirando dalla distanza - Luis Alberto, tra gli altri – ma i tiri non impensieriscono Rui Patricio. Non che la Roma non stia giocando, anzi: il punto è che quando si gioca in dieci, c’è, sempre e comunque, lo spazio per l’imbucata avversaria o per indirizzare il pallone nello spazio giusto: tutto sta a trovare il corridoio.
Riteniamo che a queste carognate, la tifoseria romanista non faccia più caso, pur avendone piene le scatole da tempo, essendo esse ricorrenti più o meno a ogni partita dei giallorossi. Nel computo della sconfitta, magari per addolcirla, non ha senso infilarci la partita di coppa UEFA: d’accordo, sarà stata dura, ma anche la Lazio aveva giocato in Conference, quindi questa dell’impegno infrasettimanale non può, e non deve, essere una giustificazione per la sconfitta subita. Come ampiamente noto a tutti, nel calcio vince la squadra che segna un goal in più dell’avversaria: la Lazio l’ha fatto e ha vinto. Semmai, per aver perso alcune posizioni in classifica, la Roma deve prendersela solo con se stessa: a nostro avviso, le sconfitte con Sassuolo e Cremonese sono state molto più dannose che non quella subita con la Lazio. Con quelle due sconfitte, la Roma ha buttato via la dote che aveva accumulato con tanta fatica. La concorrenza è tanta, qualificata e spietata: per centrare l’obiettivo Champions League, ai romanisti non resta che rimboccarsi le maniche di brutto. In mezzo ci sono altri impegni? La Roma ha tanti giocatori bravi che possono centrare quel prestigioso obiettivo.