Marina Militare, depositata la sentenza di condanna degli Ufficiali per l'amianto, provvisionale già esecutiva di 50 mila euro alle vittime.
Depositata la sentenza della Corte d'Appello di Venezia che ha ribaltato la sentenza di primo grado e condannato gli alti ufficiali della Marina Militare che hanno provocato la morte di decine e decine di militari, personale civile e impiegati nelle a causa dell'amianto
(AGR) di Donatella Gimigliano
La III sezione penale della Corte di Appello di Venezia ha depositato le motivazioni della sentenza n. 2512/2022 sulla condanna degli alti ufficiali della Marina Militare che hanno provocato la morte di decine e decine di militari, personale civile, e di impiegati nelle unità navali e a terra.
Nel giugno 2022 viene quindi disposta la condanna gli ex ammiragli della Marina Militare per la presenza di amianto sulle navi. Fondamentale è risultata poi la perizia che il giudice di primo grado ha negato. Il collegio per questo ha nominato Dario Consonni e Bruno Murer, massimi esperti della materia che, nella loro relazione, hanno evidenziato le errate conclusioni cui era pervenuto il primo giudice ritenendo che soltanto tre parti lese fossero decedute a causa di mesotelioma.
Il Presidente ONA, legale dei familiari del maresciallo T. C. che, in Marina Militare era stato infermiere, successivamente anche insignito della Croce d’Argento, del motorista navale e ufficiale di sala macchine, F. P. Sergente, e dell’elettricista G. G., è riuscito, insieme agli altri legali di parte civile, a scardinare il primo giudizio, basato su un dubbio relativo al nesso causale tra amianto e malattia, insinuato dalla teoria del Prof. Pira, utilizzata “per pervenire alla pronuncia assolutoria, senza verificare che le sue tesi fossero condivise dalla comunità scientifica e senza accertare il grado di indipendenza dell’esperto”.
Nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Appello si legge che: “il campione indicato è francamente esiguo, l’analisi non ha alle spalle uno studio più analitico, né un caso controllo, né una coorte. Prova solo che non vi è una dose soglia in grado di assicurare l’assoluta certezza del rischio, ma questo è un dato pacifico in letteratura”. Viene sottolineato, inoltre che: “se il mesotelioma fosse veramente dose indipendente, la curva storica della sua incidenza sarebbe stata pressocché piatta. Invece la stessa si è impennata proprio in funzione del progressivo utilizzo dell’amianto nei diversi comparti produttivi, a partire dalla cantieristica navale”.
Altro errore del giudice di primo grado, sempre secondo i giudici di Appello, è l’assoluzione degli imputati perché non avrebbero avuto il denaro necessario per le bonifiche. In realtà, fa presente il collegio: “piuttosto la loro responsabilità starebbe nella mancata informazione dei rischi, nel mancato utilizzo dei dispositivi di protezione e di misure volte a limitare le esposizioni. Tutti comportamenti che potevano essere attuati a costo zero e che erano un esatto dovere dei responsabili”.
I ritardi dei vertici della Marina Militare sono palesi se si pensa che il primo opuscolo informativo sull’amianto è stato stampato e diffuso nel 2007, quando quella inglese lo aveva predisposto già dal 1970, e quella americana l’aveva distribuito sin dal 1943. “Sapevano - sottolinea il collegio - della pericolosità dell’asbesto ed erano già a disposizione dispositivi di protezione quali mascherine e sistemi di aereazione mai utilizzati”. Per tutti questi motivi, ricordiamo, gli ufficiali sono stati condannati. Tutti, in solido al responsabile civile Ministero della Difesa, sono stati anche condannati al risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite, e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 50mila euro ad erede. L’Osservatorio Nazionale Amianto, già da tempo, ha costituito il dipartimento di assistenza di tutte queste vittime e dei loro familiari, perché ottengano la equiparazione a vittime del dovere. Questi diritti si sommano a quelli al risarcimento del danno. Tutte le vittime, e i loro familiari, possono rivolgersi all’Ona (https://www.osservatorioamianto.it/vittime-del-dovere/)