“Il Lido di Ostia” scritto dall'Arch. Luca Creti
(AGR) Nella collana “Itinerari” pubblicata dal Poligrafico dello Stato sotto l’egida del Ministero dei Beni Culturali – costo € 10,00 – distribuito presso il padiglione “Approdo alla lettura” presso il pontile di Ostia – Piazza dei Ravennati La lettura dell’interessante e avvincente studio di Luca Creti sulle testimonianze architettoniche di Ostia moderna mi ha riportato alla memoria l’ormai lontano settembre del 1945, quando, all’età di cinque anni, sono arrivato ad Ostia assieme alla mia famiglia, andando subito ad abitare sul lungomare in una palazzina dell’I.N.C.I..S. costruita nel 1933 ( e citata da Luca Creti a pag. 52 del libro).Nell’immediato dopoguerra, nonostante gli evidenti segni del conflitto ( casematte e piloni anticarro disseminati su tutto il lungomare e gli stabilimenti “Roma”, una sorta di emblema del Lido, e “Plinius” rasi al suolo e tante altre distruzioni) Ostia era ancora la cittadina balneare rimasta fissata agli anni immediatamente anteriori al 1940, con una popolazione residente che non raggiungeva tremila abitanti. Nella memoria , come in un album di vecchie foto ingiallite, ancora rivedo attraverso gli occhi di quel bambino che fui, le case e le strade di quel tranquillissimo borgo, semideserto d’inverno, ma d’estate, già subito dal 1946, affollato dai bagnanti giornalieri e dai “villeggianti” che riempivano camere e appartamenti in affitto.
Riconosco in quelle immagini sbiadite del ricordo lontano soprattutto l’atmosfera, l’aspetto complessivo della cittadina, in cui pur potendosi distinguere le diversità tra diverse zone urbane, queste si succedevano senza fratture, in una armonia assicurata dall’omogeneità della cura messa in tutte le costruzioni, dalla ricerca avvertibile di non banalizzare le scelte architettoniche inserendole tuttavia con discrezione nell’assetto del contesto urbanistico generale.
Tanto per citare un piccolo esempio: incuriosito dalle immagini del libro mi sono soffermato a guardare il villino di piazza Sirio citato a pagina 131, davanti al quale sarò passato migliaia di volte senza mai dedicargli più di tanto attenzione, e mi sono accorto che la facciata che dà sulla piazza è curva, seguendo la stessa curvatura della piazza! Immaginatevi oggi , se sia mai possibile che qualche costruttore abbia la stessa preoccupazione di inserire armonicamente i suoi manufatti (… o misfatti?) nell’ambiente! Ostia poi, a partire dagli anni cinquanta, è cresciuta a dismisura, preda di mille speculazioni lasciate libere completamente, o quasi, di agire senza efficaci controlli.
Mi riconosco nelle parole di Luca Creti, a chiusura del capitolo introduttivo dedicato al XX secolo a pag.26, che condivido da sempre, con grande amarezza: “…da questo momento in poi prese il sopravvento l’edilizia speculativa che, complice il disinteresse delle istituzioni, consentì di agire con interventi di sostituzione degli edifici storici e di manipolazione di quelli rimasti, omologando la cittadina costiera, un tempo elegante stazione balneare, alle periferie – pianificate o abusive – della capitale.”
Ecco, vorrei che il lettore attento di oggi potesse riuscire a immaginare quella Ostia che il libro mi ha riportato alla memoria, notando tuttavia che se ci limitassimo all’immaginazione o, come nel mio caso, alla nostalgia riusciremmo solo a coltivare, in maniera sterile e frustrante, il rimpianto per ciò che non è più: dalle pagine di Luca Creti traspare invece, a mio parere, un messaggio chiaro, forte, rivolto a quella pubblica opinione consapevole che sola è in grado di dare senso alla politica e orientarne le scelte, affinchè attorno alle testimonianze architettoniche ancora riconoscibili, e da riportare alla loro primitiva valenza ( anche attraverso incentivazioni economiche) si ridelinei un disegno urbanistico complessivo, che sicuramente non potrà mai più rappresentare lo sviluppo di quello originario, ma che sull’esempio di quello potrà restituire a questa città una misura umana, di città dove vivere, e non solo abitare… Elio Maria Magliulo